Oggi, con il termine di sindrome premestruale (PMS = Pre Mestrual Sindrome) si indica un insieme,  piuttosto complesso ed eterogeneo, di alterazioni biologiche e psicologiche estremamente variabili da un caso all’altro, ma sempre con una ben precisa localizzazione temporale rispetto al ciclo mestruale.

La ricorrenza dei sintomi nella stessa fase del ciclo per almeno tre cicli consecutivi e la presenza, durante la fase follicolare (prima metà del ciclo), di un periodo libero da sintomi di almeno sette giorni, sono condizioni essenziali per poter porre la diagnosi di sindrome premestruale.

sintomi, che di solito compaiono da 7 a 10 giorni prima dell’inizio del flusso, sono estremamente variabili e difficili da valutare nella loro entità; quelli più comuni sono irritabilità, ansia, agitazione, collera, insonnia, difficoltà di concentrazione, letargia, depressione e astenia grave. Le donne possono sentirsi gonfie e aumentare temporaneamente di peso. Le mammelle possono essere appesantite e dolenti. Le donne possono avvertire una sensazione di pesantezza o pressione nell’addome inferiore.

La sindrome premestruale può avere ripercussioni a livello sociale e coniugale. Infatti, nei casi più gravi, possono riscontrarsi uno scarso rendimento nel lavoro fino all’assenteismo, alterazioni del desiderio sessuale, isolamento sociale.

Nonostante siano state avanzate numerose ipotesi, non si conoscono con certezza i fattori coinvolti nell’origine dei vari disturbi legati alla sindrome premestruale. Tra le varie teorie proposte, hanno riscosso i maggiori consensi:

  • Quella ormonale, consistente in un alterato rapporto estrogeni-progesterone a causa di un deficit di progesterone in fase luteinica (la seconda metà del ciclo);
  • Quella di un alterato ricambio idro-salino (acqua-sali) determinato dall’eccesso o dal difetto di vari ormoni che hanno un’azione sul bilancio idroelettrolitico: estrogeni e progesterone, ormone antidiuretico (ADH o vasopressina), prolattina, aldosterone;
  • Quella della disfunzione della tiroide, basata sulla constatazione che alcune donne con sindrome premestruale presentano segni evidenti o subclinici di ipotiroidismo e che in queste pazienti la somministrazione di ormoni tiroidei determina un miglioramento della sindrome premestruale;
  • Quella della deficienza di vitamina B6, basata sui rapporti tra i livelli di questa vitamina ed alcune funzioni endocrine;
  • Quella dell’ipoglicemia, basata sulle somiglianze esistenti tra il quadro classico della sindrome premestruale e quello della condizione ipoglicemica, e sulla dimostrazione che gli ormoni sessuali sono in grado di influenzare il metabolismo del glucosio;
  • Quella di deficit di prostaglandine  E1, che sono sostanza coinvolte nella percezione del dolore;
  • Quella psicosomatica, che si basa su considerazioni di ordine psicologico, comportamentale e sociale, e sulla constatazione di un associazione, anche se non frequente, della sindrome premestruale con vere e proprie patologie psichiatriche.

I sintomi si possono alleviare riducendo il consumo di zuccheri, sale e caffeina e svolgendo attività fisica; si possono assumere certi integratori, analgesici, pillole contraccettive (a volte) o antidepressivi.

I  ricercatori continuano a valutare altri farmaci come possibili trattamenti per la SPM e il disturbo disforico premestruale.

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