Spotting: definizione

Il termine spotting deriva dal verbo inglese “to spot”, che letteralmente significa “macchiare”; nel linguaggio medico-ginecologico lo spotting delinea un’anomala, seppur modesta, perdita di sangue uterino di colore scuro, un fenomeno che s’interpone generalmente tra due mestruazioni.

Queste perdite anomale non sono generalmente accompagnate dai classici dolori premestruali, come crampi addominali, tensione mammaria, emicrania o affaticamento generale del corpo. E possono manifestarsi in momenti diversi del ciclo: durante l’ovulazione, ma anche poco prima delle mestruazioni. Nulla di preoccupante nella maggior parte dei casi: lo spotting è un normale fenomeno fisiologico. Ma può avere cause diverse, dunque per stare tranquille è bene riportare il fenomeno alla propria ginecologa o al proprio ginecologo di fiducia e indagarne assieme le cause.

Tra i principali fattori di natura organica che provocano spotting si ricordano:

  • Menopausa precoce;
  • Endometriosi, cisti ovariche;
  • Forme tumorali/ pretumorali (carcinoma, fibromi, polipi);
  • Infiammazioni (vaginite/ vaginosi);
  • Ectopia del collo dell’utero.

Escluse con gli esami del caso alcune patologie dietro lo spotting possono esserci ragioni di natura ormonale, come un deficit nella produzione di progesterone, l’ormone che si forma nella seconda metà del ciclo mestruale fino alle mestruazioni.

Ma anche i contraccettivi di natura ormonale (pillola, cerotto, anello) possono provocare lo spotting come effetto collaterale dell’avvio del trattamento. Nelle prime settimane di assunzione dei contraccettivi ormonali le perdite marroni sono piuttosto comuni e possono essere considerate una normale risposta dell’organismo alla somministrazione costante di estrogeni e progestinici.

Altro caso è invece lo spotting nelle prime settimane di gravidanza, che potrebbe essere legato all’impiantarsi dell’ovulo fecondato nell’utero.

In molti casi, infine, le perdite scure tra una mestruazione e l’altra possono essere il sintomo di un periodo di stress, ansia, disordini alimentari o abitudini negative che impattano anche sulla regolarità del ciclo. Lo stress, il fuso orario, la mancanza di sonno, ma anche i disturbi dell’alimentazione come anoressia e bulimia, obesità, influenzano la capacità di ovulare. In questi casi bisogna agire sui fattori esterni che provocano lo spotting per cercare di arginare le loro conseguenze sulla salute psicofisica della persona.

Se si tratta di brevi periodi di stress, le perdite col tempo spariranno. Se si manifestano però dopo la manopausa, possono essere un campanello d’allarme di patologie più gravi e da non sottovalutare. Dopo l’età fertile lo spotting non è un fenomeno fisiologico “normale” e temporaneo. Per escludere in quei casi tumori o lesioni importanti dell’utero bisogna dunque sottoporsi in caso di spotting agli esami diagnostici opportuni.

Prevenire lo spotting

Oltre a praticare sport, seguire una corretta alimentazione, eliminare (o ridurre) il fumo, e ritagliarsi qualche momento di relax, per prevenire lo spotting è consigliata una particolare attenzione per l’igiene intima:

  • Non dovrebbero mai essere utilizzati detergenti intimi aggressivi, i maggiori responsabili di un’alterazione del pH vaginale: l’aumento del pH facilita l’insorgere d’infezioni, responsabili anche (e non solo) dello spotting;
  • I rapporti sessuali ravvicinati e frequenti possono aumentare il pH vaginale, creando un locus propizio per la proliferazione batterica: infatti, il pH dello sperma è leggermente basico (pH: 7.4 circa);
  • Il medico potrebbe consigliare ovuli o creme interne vaginali ad azione acidificante, per evitare infezioni e perdite uterine inattese.

Nonostante lo spotting rappresenti un fenomeno innocuo nella maggior parte dei casi, ancora una volta è necessario sottolineare l’importanza della visita ginecologica, già dalle primissime manifestazioni di spotting, allo scopo di accertare per tempo eventuali complicanze.

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